Black Mirror

articolo di francesca chiappalone

Se pensiamo che dieci anni fa la cosa più tecnologica che poteva arrivare da un amico era un messaggio o una mail ci verrà da sorridere. Poi però guardiamo Black Mirror (trailer), iniziamo a pensarci meglio e la voglia di allenare le fossette passa.

Siamo ormai quelli che, non appena succede qualcosa, prendiamo in mano il nostro telefonino e scattiamo una foto che dopo un po’ sarà su facebook con tanto di tag, foto che sarà poi quella del nostro profilo, la sola cosa che molta gente vedrà di noi. Il nostro pc è nostro figlio, che si tratti di lavoro o di relazioni interpersonali il computer è ormai la nostra fonte di guadagno, di soddisfazione, di preoccupazione, di amore e sfiga.

Ecco, Black Mirror mostra tutto questo e va oltre. La nuova mini-serie di Charlie Brooker delinea lo sviluppo tecnologico e il nostro rapporto con esso, senza neanche girarci troppo intorno ci fa vedere cosa è diventata la realtà e cosa rischiamo andando avanti, perché la tecnologia che migliora le nostre vite abita accanto a quella stronza, la tecnologia che sembra aver voglia di farci crepare.

The National Anthem, episodio ambientato in un presente troppo simile al nostro e che comincia con una richiesta decisamente particolare per il Primo Ministro d’Inghilterra, ci mostra quello che l’opinione pubblica, a braccetto dei cari social network, può arrivare a fare e soprattutto come le idee della gente siano ormai così facilmente adattabili, se il resto della massa lo richiede. In 15 Millions Merits osserviamo un futuro dove le persone vivono all’interno di un centro con tutti i confort tecnologici, con l’unico scopo giornaliero di pedalare (sì, pedalare) per guadagnare cibo e diversi e inutili oggetti virtuali. Sono circondate da schermi che trasmettono pubblicità, talent show e porno più che scadenti e gli avatar si conoscono meglio di loro stessi. Lo specchio è sempre più impietoso mentre riflette una società spenta, che non si ricorda nemmeno più l’effetto che fa una voce quando canta. Un’umanità che per certi versi ritroviamo anche nell’ultimo bellissimo episodio, The Entire History of you, dove, a essere protagonisti, non sono tanto le persone quanto i loro ricordi. Perché può diventare difficile e pericolosa la gestione della nostra memoria, se invece di essere così normalmente imperfetta, è organizzata, archiviata e riproducibile. Basta un click per rivedere tutto quello che vuoi.

Tre episodi, ognuno con un cast e una propria storia, tre vicende diverse ma con alcune sconfortanti cose in comune: l’inquietudine, la strana familiarità che viene fuori dalla sceneggiatura, lo specchio oscuro che ci mette di fronte il nostro modo di vivere e che, pur tuffandosi nel fantascientifico, continua a farci immedesimare anche in un ipotetico e poco roseo futuro.

Da vedere assolutamente, mettendo in conto un extra di amarezza e il possibile bisogno, alla fine, di spegnere lo schermo, anche se solo per un po’.

Un Commento

  1. Francesco prestia

    Sarà fatto!

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