IL CASTELLO NEL CIELO

recensione di francesca chiappalone

regia: Hayao Miyazaki
produzione: Giappone, 1986
genere: animazione

Mi è capitato seguendo la piccola Chihiro ne La città incantata, o guardando Sophie e Howl e Il castello errante di Howl, esco dal cinema sentendomi meglio, come quando un dolore sta passando, come dopo una bella serata. L’umore è in alto, all’ultimo piano, e tutti i problemi sono diventati piccolissimi. Certo, poi l’effetto passa, però Miyazaki fa il suo dovere e lo fa da maestro.
La fantasia di un bambino e la coscienza di un uomo, questo è Miyazaki, coloratissimo e senza nessun limite nei confronti dei mondi che decide di creare. Le sue sono favole che non seguono i soliti standard, dove i protagonisti sono subito riconoscibili tanto quanto le costruzioni delle storie. Le sue sono favole che ti fanno sgranare gli occhi, perché non te le aspettavi.
Questo vale anche per Il castello nel cielo, un piccolo gioiellino del 1986 che da noi è arrivato proprio ora, il 25 aprile.
Sheeta è una ragazzina, prigioniera dei servizi speciali in un’aereonave. È l’orfana di una famiglia molto facoltosa e porta al collo una pietra alla quale sono interessati sia il governo che una banda di pirati, quella pietra infatti può localizzare la leggendaria isola di Lacuta, un posto magico, pieno di tesori.
Nel fuggire da entrambi, Sheeta cade ed è proprio il suo ciondolo a salvarla e a farla arrivare letteralmente tra le braccia del piccolo Pazu. I due ragazzini si legano subito con quell’amore puro che è tipico delle favole, ma soprattutto di Miyazaki, Pazu decide di proteggerla (anche se alla fine si proteggeranno a vicenda) e insieme partono alla ricerca dell’isola.
Anche in questo, come in molte altre sue animazioni, c’è una protagonista femminile, ed anche in questo ritroviamo tante tematiche care al regista (regista? Fumettista, animatore, sceneggiatore, produttore, va beh, lasciamo stare): la relazione dell’uomo con la natura, la presenza dell’incantesimo, del mitologico (in quanto a demoni i giapponesi ci stracciano) e di quella contrapposizione tra chi cerca di conquistare e chi invece vuole lasciare liberi tutti.
La loro è un’avventura, una crescita, la sfida non solo nel sopravvivere ma nel salvare qualcuno, fare di tutto per amore di qualcosa. Solo chi crede nel magico può permettersi d’incontrare il capitano di un gruppo di pirati, anche lei una donna, e alla fine lanciarsi, con il suo gruppetto, in inseguimenti, spari e corse verso un posto che si nasconde tra le nuvole. E non è un caso che anche questa volta siano due ragazzini i protagonisti invece di adulti, invece di coppie “in età da marito”. Miyazaki ti permette di tornare a quando avevi dieci anni, ti permette di volare, di trovare un posto incontaminato che va salvato e lasciato là, nell’aria, senza imposizioni.

Controindicazioni: per una serie di sfumature nella storia e nelle tematiche potrebbe ricordarvi sfacciatamente Avatar. Non fateci troppo caso, in fondo è stato solo fatto nel 1986.

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